Francesco Galante Guardate il globo che gira (2003-04)


La versione qui proposta di Guardate il globo che gira è espressamente pensata e acusticamente organizzata per l’ascolto in disco (si raccomanda di assumere la migliore posizione nel classico triangolo di ascolto stereofonico e per la natura dei suoni e dei picchi di intensità una dinamica adeguata, ma con attenzione, a esprimere l’impatto sonoro di tale musica). Il pezzo che nasce come idea di teatro acusmatico è stato originariamente realizzato ed eseguito in pubblico all’interno di una performance di danza sperimentale, della coreografa e danzatrice Alessandra Gallone. Dunque in questa versione l’impianto drammaturgico e i tempi sono stati in parte modificati e finalizzati ad un “teatro dell’ascolto”. L’opera fa esplicito riferimento ai drammatici avvenimenti delle manifestazioni del movimento no-global avvenute a Genova nel Luglio 2001 e ferocemente represse. Partendo da quegli avvenimenti luttuosi e tragici, rimasti nella memoria collettiva della società civile, la musica è stata pensata e realizzata circa due anni più tardi e prende i materiali sonori dai documenti audiovisivi amatoriali e giornalistici che fanno da testimonianza diretta di quanto è effettivamente avvenuto. Un ampio catalogo di frammenti sonori è stato estratto dallo studio delle sequenze filmate, e successivamente de-composti spettralmente e temporalmente, e riorganizzati in modo da delineare dei modelli sonoro-musicali sui quali compositivamente ho poi lavorato. Sfruttando la concretezza sonica e semantica dei materiali originari ne ho ricavato una drammaturgia trasfigurata, non un’opera descrittiva ma riflessiva, anche se alcuni dei frammenti o delle sequenze sonore sono presenti nella loro piena riconoscibilità ed  “entrano” esplicitamente nel lavoro, assimilabili a delle vere e proprie istantanee fotografiche. Mentre un altro elemento musicalmente e drammaturgicamente centrale si basa  su di una voce femminile, affidata all’attrice Laura Ferrari, e utilizzata sia in modo esplicito sia come puro materiale fonetico, ora decomposta timbricamente e aritmicamente, condensata in grumi di suono o vaporizzata in nuvole sonore. Attraverso di essa ci si muove nel pezzo, collega le finestre temporali e fa da tessuto connettivo. Le parole dei brevi frammenti di testo in modo diverso, simbolicamente ed emblematicamente, fanno riferimento alla attuale condizione dell’uomo; da un lato proiettato dalla scienza contemporanea ad interrogarsi sulle possibili interpretazioni dell’universo; dall’altro, sulla condizione di una umanità costretta dal pensiero unico dominante a modellare la storia in una unica forma, senza scampo. In questo senso tutto sembrerebbe destinato a ghiacciarsi, in bilico tra la stasi definitiva e il movimento, ovvero la ricerca di un altro sviluppo per l’uomo. I suoni ambientali degli scontri e le grida, ovvero la contrapposizione dei corpi e la loro frantumazione fisica e psicologica, il contrasto e l’antagonismo delle idee, il senso del dramma e della morte apparsa in quei giorni sono “l’esterno” che entra nell’opera, per arrivare a sostenere che il globo non si è fermato anche se le repressioni e le guerre sono in atto. Il titolo del pezzo è tratto da un verso del poeta e scrittore americano Walt Whitman.